Pino, il pinguino rivoluzionario

In Antartide viveva un pinguino di nome Pino. A differenza degli altri pinguini, Pino aveva uno spirito piuttosto ribelle e faceva fatica a seguire le regole del branco, soprattutto quando gli sembravano ingiuste. Il popolo dei pinguini era infatti governato dal Grande Pinguino, loro capo supremo, che regnava in modo tutt’altro che onesto. Re Paco, questo era il suo nome, aumentava di continuo le tasse del popolo dei pinguini (tasse pagate con i pesci) con la scusa che, con il pesce donatogli, garantiva a tutti protezione dalle voraci foche leopardo. I poveri pinguini, infatti, tutti i giorni dovevano catturare tanti pesci per darne la metà al re Paco, il quale, a sua volta, ne dava una parte alle foche leopardo, con le quali aveva stretto un accordo, mentre l’altra parte dei pesci pescati dai pinguini la teneva per sé e per la sua famiglia, all’insaputa del suo popolo. Pino intuiva che il re Paco si tenesse una buona parte del pesce, ma avrebbe dovuto dimostrarlo a tutto il popolo dei pinguini, perché questi reagissero di fronte a tale ingiustizia.

Il ragionamento di Pino era piuttosto logico. Infatti, lui non capiva la necessità di consegnare al re il pesce per le foche leopardo, quando avrebbero benissimo potuto consegnarlo loro direttamente alle voraci predatrici. Sicuramente il re ne traeva profitto. Secondo Pino, Paco era semplicemente un pinguino disonesto, che approfittava delle paure degli altri pinguini per mangiare a volontà senza muovere una pinna.

Effettivamente Pino non aveva torto, ma ormai c’era questo meccanismo per cui il re, fingendosi coraggioso, si faceva carico di portare i pesci del popolo dei pinguini alle foche leopardo. A queste bastava ricevere la loro dose giornaliera di pesce e poco importava il modo in cui il re se lo procurava.

Pino però era determinato a dimostrare a tutti che il re fosse un impostore. Decise di parlarne con i suoi amici Pongo e Pucci, due pinguini suoi coetanei. Pongo era un gran fifone, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per Pino, mentre Pucci era molto intelligente e sapeva tantissime cose. Sarebbe stato di grande aiuto per la buona riuscita della missione. I tre giovani pinguini si incontrarono in segreto un pomeriggio, in cui per l’ennesima volta il re Paco aveva chiesto più pesce per le foche leopardo.

“Ho un piano ragazzi”, disse Pino con entusiasmo. I due amici lo ascoltavano. “Voi sapete che tutti i giorni alle quattro del pomeriggio alcuni pinguini portano il carico di pesce al nostro re Paco, giusto?” I due annuirono. “E sapete anche che il carico viene trasportato su una grande slitta, che era stata abbandonata dagli umani. A noi non resta che nasconderci sulla slitta, sotto il carico di pesce, per raggiungere il re e osservare da vicino i suoi movimenti. Quando re Paco metterà da parte il pesce per se stesso e per la sua famiglia, noi salteremo fuori e lo coglieremo con le mani nel sacco”. “Ottimo piano – disse Pucci -, peccato che nessuno crederà a tre pinguini adolescenti, quando racconteremo ciò che abbiamo scoperto”. Pucci aveva ragione. Ci volevano dei testimoni adulti. Pongo allora propose la sua idea: “Potremmo far venire tutto il popolo dei pinguini in qualche posto con una scusa che adesso non vi so dire, in modo che vedano il re proprio nel momento in cui viene smascherato”. Pino ci pensò un attimo, anche perché il piano dell’amico andava elaborato perché funzionasse. “Hai ragione, Pongo – disse infine Pucci -. Dobbiamo fare in modo che tutti i pinguini vedano il re mentre sottrae il pesce al suo popolo. Dobbiamo inventare una riunione urgente indetta dal re, proprio in un punto della strada che il re percorre per andare e tornare dalle foche leopardo.

L’incontro dovrà svolgersi quando il re torna indietro, in modo che anche tutti gli altri pinguini possano vedere che sulla slitta c’è ancora del pesce, nonostante l’avvenuta consegna alle foche. In questo modo, sarà chiaro per tutti che i pesci rimasti servono a riempire la pancia del re e della sua famiglia, e non quella delle foche”. Tutti e tre approvarono il piano. Si inventarono quindi questa riunione urgente richiesta dal re e sparsero la voce rapidamente. “Il re vuole vederci tutti al bivio sopra casa sua alle 16.30 per parlarci di qualcosa di molto importante! È richiesta la partecipazione di tutti! Non mancate!” Così facendo i tre amici fecero in modo che nessuno mancasse all’incontro per smascherare l’ingordo re.

Quel giorno, quando i pinguini portarono la slitta carica di pesce al re Paco, Pino e Pongo si nascosero sotto il pesce per osservare le mosse del re. Pucci invece andò nel luogo prestabilito per l’incontro, per accertarsi che tutti i pinguini fossero presenti. Come previsto, il re prese la slitta carica di pesce e la spinse per la discesa che portava alle foche leopardo. Qui venne accolto dalle stesse con fare amichevole. “Ecco il vostro carico di oggi. Ce n’è per tutti”, disse il re, invitando le foche a prendere la loro razione giornaliera. Quando ebbero finito una foca, che doveva essere il capo, disse: “Anche oggi ti abbiamo lasciato la tua parte bella grande, ma ricordati che, se vuoi rimanere vivo, devi continuare a nutrirci in questo modo”. Il re annuì e se ne andò con la sua parte di pesci. Pino e Pongo tremavano nascosti sotto ai pesci rimasti; per un attimo avevano temuto di essere scoperti e di finire nelle fauci delle foche affamate.

Il re Paco, intanto, trascinava lentamente la sua slitta con il pesce che avrebbe portato a casa sua, quando si imbatté nel popolo dei pinguini al completo. “Cosa accidenti ci fate tutti quanti qui?”, chiese il re, cercando di camuffare il disagio. “Cosa stai facendo tu piuttosto!”, chiese a quel punto uno dei pinguini adulti, che tutti i giorni procurava pesce fresco per le foche. “Ve lo spieghiamo noi”, dissero Pino e Pongo, uscendo dalla montagna di pesci rimasta sulla slitta. “Il re tutti i giorni consegna solo una parte di pesci alle foche e il resto lo tiene per sé”, urlò Pino. “Lo abbiamo visto con i nostri stessi occhi”, continuò Pongo. “È vero ciò che dicono questi pinguini?”, chiese lo stesso pinguino che aveva parlato in precedenza. Al re non restava che confessare, di fronte all’evidenza dei fatti: “È vero. Per anni ho sfruttato il mio ruolo da re per vivere nell’agio, approfittando delle vostre paure. Mi dispiace molto e accetterò qualsiasi punizione mi vogliate dare. Ma vi prego di lasciare fuori da questa storia la mia famiglia. Anche loro credevano che andassi a pescare come tutti voi. Loro sono innocenti.

I pinguini si riunirono per decidere cosa fare del re, mentre quest’ultimo attendeva in disparte la sua punizione, sorvegliato da Pino, Pongo e Pucci. C’era chi proponeva di dare il re in pasto alle foche, ma ovviamente era una punizione un po’ troppo estrema. Altri proponevano l’esilio, altri ancora il carcere a vita. “Ma si sa che il perdono è la miglior cura per chi riceve un torto”, disse il pinguino che aveva parlato per primo con il re, e che si chiamava Pol. A questa frase tutti gli altri pinguini protestarono. “Non è giusto. Per anni ci ha sfruttati e deve pagare per le sue colpe”. Pol continuò: “Noi siamo migliori del re Paco e capiamo che giustiziarlo non servirebbe a nulla. Giusto? Secondo me, la punizione ideale per un pigro come lui sarà quella di costringerlo a lavorare come tutti noi, dovendo procurare per sé e per la sua famiglia il cibo quotidiano, se non vorrà morire di fame”. Effettivamente Pol non aveva torto. Il re avrebbe dovuto fare per tutta la sua vita ciò che era riuscito a evitare fino a quel momento. I pinguini andarono quindi a comunicare la loro decisione a Paco, che ringraziò per avere ricevuto la grazia: “Mi insegnerete a pescare però?”, chiese timidamente. Certamente lo avrebbero aiutato, perché nel popolo dei pinguini tutti aiutano tutti. Da quel giorno i pinguini, a turno, portarono la razione di pesce alle foche leopardo, per non rischiare di venire divorate da loro, ma il pesce fu più abbondante per tutti visto che non erano più costretti a provvedere anche alla famiglia di Paco. Quest’ultimo capì di avere sbagliato e un po’ per volta riuscì a diventare un buon pescatore e a far dimenticare l’accaduto agli altri pinguini.

Chi divenne capo dei pinguini dopo la caduta del re Paco?
La risposta è semplice: nessuno! Ognuno da quel giorno contribuì al bene della comunità per ciò che era nelle sue capacità e mai più nessuno volle sovrastare gli altri.
E proprio perché l’unione fa la forza, riuscirono tutti insieme ad allontanare anche le foche leopardo, armandosi di pietre e sassi e cacciandole dalle loro zone di pesca. Le foche leopardo, vista la rivoluzione, dovettero arrendersi e iniziarono a procurarsi il cibo da sole.